VENUTI AL MONDO COME I CONIGLI


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Una vita di 10 settimane: ogni anno in Italia uccisi 100 milioni di esemplari

E’ crisi per i produttori italiani di carne di coniglio. I costi di produzione lievitano e la domanda diminuisce; per di più, negli ultimi mesi le maggiori catene di supermercati svizzeri hanno bandito la vendita di carne di coniglio di provenienza italiana e francese. Cosa succede? I produttori attribuiscono il calo di consumo a “pregiudizi”,a cambiamenti di abitudini alimentari e al rincaro dei prezzi nell’ultimo anello della distribuzione. Di fatto, da anni il costo di produzione resta proporzionalmente più alto del prezzo di mercato all’ingrosso; sui banchi dei supermercati, invece, risulta addirittura quadruplicato. Eppure dietro fluttuazioni di mercato e strategie di marketing si nasconde una realtà terribile. Quella dei milioni di conigli rinchiusi ogni anno e poi uccisi nelle batterie degli allevamenti europei. Pochi conoscono la vita dei conigli di allevamento. L’inchiesta condotta sul campo da due attivisti dell’associazione francese L214 nella Francia settentrionale ed occidentale mostra immagini di grande sofferenza: conigli ammassati in gabbiette dal suolo grigliato nelle quali non possono adottare i loro comportamenti naturali, come nascondersi, rosicchiare o scavare – quindi inviati al mattatoio dentro casse di plastica. Poi storditi, appesi per le zampe, sgozzati e sventrati l’uno dopo l’altro in catena di montaggio. La Francia, secondo produttore europeo, produce 40 milioni di conigli all’anno, con una media di oltre 6mila conigli per ogni allevamento.
La situazione italiana non appare molto distante. L’Italia è il primo produttore europeo, sforna 230mila tonnellate di carne di coniglio all’anno, a cui corrispondono 100 milioni di conigli allevati ed uccisi ogni 12 mesi. La filiera conta circa 8mila allevamenti – di cui 2500 intensivi che producono il 65% del totale e situati prevalentemente nel Nord.
Anche negli allevamenti italiani, i conigli sono costretti in gabbie metalliche, singole o collettive, con pavimento grigliato e rialzato. La filiera suggerisce come densità massima di allevamento 20 capi per metro quadrato: lo spazio in cui ogni coniglio vive per tutta la sua brevissima vita corrisponde dunque alle dimensioni di un foglio A4. Nell’allevamento biologico, le condizioni non sono molto migliori: le gabbie sono ammesse, purché in pavimento non metallico e di dimensioni non inferiori a 0,5 m2, e la densità non superi gli 8 capi per metro quadrato. La maggior parte dei conigli viene prodotta con tecniche di inseminazione artificiale, di cui gli allevatori decantano i vantaggi sanitari (mancanza di contatto tra gli animali), economici (diminuzione dei tempi di lavoro e dei costi), e manageriali (pianificazione della produzione). E i conigli? Il maschio viene costretto a montare una coniglia artificiale per la raccolta dello sperma. La femmina viene riempita di ormoni per stimolare l’ovulazione; il materiale seminale verrà inserito nella sua vagina attraverso una pipetta in vetro o Pvc. Per aumentare la produttività dell’allevamento, spesso le coniglie vengono ingravidate subito dopo il parto. La sovrapposizione della gravidanza e dell’allattamento provoca loro un grave deficit proteico ed energetico e l’impoverimento delle loro riserve corporee.
Tra le 10 e le 33 settimane di età, i conigli vengono inviati al mattatoio; quelli di allevamento biologico hanno la “fortuna” di partire solo dopo la quattordicesima settimana. Le coniglie riproduttrici saranno abbattute quando non più sfruttabili, intorno ai due anni di età. Così termina la vita di un coniglio di batteria. In natura avrebbe vissuto anni.
Proprio a causa delle terribili condizioni in cui sono allevati i conigli italiani e francesi, le più grandi catene di supermercati svizzeri hanno smesso una dopo l’altra di acquistare carne di coniglio proveniente da Italia e Francia: dopo Migros e Coop, anche Manor, Globus et Denner hanno smesso di commercializzare carne di coniglio da batteria. Per sensibilizzare i consumatori e i distributori francesi, l’associazione L214 comincerà a luglio un “tour de France” con tappe a Parigi, Lille, Amiens, Rennes, Angers, Tours, Orlèans: ogni tappa comprenderà l’organizzazione di uno stand informativo e la consegna di una richiesta alla direzione delle grandi catene commerciali di sospendere la vendita della carne di coniglio di batteria.
“Ovviamente la nostra attività si estende al di là della questione dei conigli di batteria” spiega Brigitte Arsac di L214. “Mostrando al pubblico le immagini delle condizioni di vita e di morte di galline, polli, maiali, vogliamo rendere trasparenti le mura degli allevamenti e dei mattatoi, perché la gente si renda conto che le scelte alimentari condizionano la vita di miliardi di individui sensibili, e smetta di trovare “normale” il fatto di allevare animali per ucciderli e mangiarli. Chiedere che alcuni prodotti non vengano più commercializzati, o l’abolizione di alcune specifiche pratiche particolarmente dolorose per gli animali, per noi non costituisce un fine in sé, ma un passo concreto verso una società più etica, che prenda interamente coscienza del fatto che gli animali sono esseri senzienti e ne accetti le conseguenze, abolendo il loro uso per il consumo umano”.

Di Agnese Pignataro tratto dalla rubrica Liberazione Animale del quotidiano Liberazione del 8 giugno 2008